Mentre Susa conferma e potenzia il suo ruolo di “città militare”, punto fermo nella difesa dello Stato Sabaudo, lentamente il nostro Arco torna a ricomparire.
Per lunghi secoli è rimasto – miracolosamente quasi intatto! – quale parte integrante del Castello di Susa, sostanzialmente dimenticato da tutti, anche perché compreso tra fortificazioni, orti e giardini del Castello stesso.
Ma, a fine 1600, qualcosa cambia.
Una bellissima visione dell’Arco compare infatti nella vista di Susa che adorna il “Theatrum Sabaudiae”, sontuosa opera grafica che la Corte di Torino ha fatto preparare dai grandi stampatori di Amsterdam, nel 1682, affinché tutte le Corti d’Europa possano ammirare le sue città e le sue fortezze.
Da quel momento l’Arco ritrova la sua fama ed i suoi estimatori, tra i viaggiatori ed i dotti ricercatori che, sempre più numerosi, compiono il loro “Viaggio in Italia”; entrando dal Moncenisio ed ammirando, quale prima città italiana, proprio la nostra Susa.
Tra fine ‘700 ed inizio ‘800 tutte le guide d’Italia ormai menzionano il nostro Arco; nel 1782, l’Arco ha anche il sollievo di un primo restauro, ad opera del Conte Napione, illuminato Intendente della Provincia di Susa
Bisognerà tuttavia attendere la metà del 1800 per vedere l’Arco finalmente libero da mura ed orti: toccherà ad una simpatica figura di poeta e patriota risorgimentale, Norberto Rosa (1803 – 1862) promuoverne la liberazione, mentre a fine 1800 la creazione della “passeggiata archeologica” ci darà le viste ed il panorama dell’Arco, che ancor oggi ammiriamo.