L’iniziativa dell’Associazione Il Ponte di Susa, che auspicava un qualificato collegamento culturale tra le Città di Susa, Aosta, Fano e Rimini, uniche città italiane che ancora oggi custodiscono un Arco dedicato a Cesare Ottaviano Augusto, è diventata realtà grazie alla motivata ed entusiastica collaborazione degli Enti coinvolti.
Da parte dell’Associazione Il Ponte si è avviato un interessante e proficuo scambio con le Associazioni/ Enti Culturali di Aosta (Centro Studi Jean Baptiste De Tillier), di Fano (Archeoclub d’Italia sede di Fano) e di Rimini (Musei Comunali), attraverso le quali è stato possibile realizzare un unico testo in grado di mettere contemporaneamente in evidenza l’eccellenza e la maestosità dei quattro Archi che, pur diversi tra loro, sono testimoni di un importante patrimonio storico legato al periodo romano che ha lasciato significative tracce sul proprio territorio.
È doveroso esprimere un sentito ringraziamento all’Amministrazione Comunale di Susa ed alle Amministrazioni di Aosta, Fano e Rimini per la collaborazione offerta, finalizzata al buon svolgimento dell’iniziativa.
Inoltre, vanno sottolineati i preziosi apporti del prof. Mauro Caniggia Nicolotti e del dr. Luca Poggianti, rispettivamente direttore e presidente del Centro Studi Jean Baptiste de Tillier di Aosta, del prof. Piergiorgio Budassi, presidente dell’Archeoclub di Fano, e del dr. Maurizio Biordi, direttore dei Musei Comunali di Rimini, che in sinergia con il presidente dell’Associazione Il Ponte, Giovanni Quaglino, ideatore e coordinatore di questo progetto, hanno reso possibile un dialogo di grande interesse tra le quattro realtà storiche e geografiche coinvolte.
Questo libro vuole celebrare il Bimillenario della morte di Ottaviano Augusto – il primo della lunga serie degli imperatori romani – ricordando ed illustrando i quattro Archi che, a vario titolo e con diverse motivazioni, ne perpetuano ancor’oggi la memoria, in quattro Città dell’Italia romana.
Il volume si inserisce pertanto in un ciclo di celebrazioni augustee, che trovano il loro lontano termine di confronto nel ciclo di manifestazioni che – nel 1938 – accompagnò il bimillenario della nascita: celebrazioni lontane da noi non solo nel tempo, ma anche per le profonde differenze nel contesto politico e sociale, in cui esse allora caddero.
Le celebrazioni del 1938 ebbero un fortissimo significato politico, con il martellante richiamo al ruolo imperiale di Roma e di Augusto: ebbero tuttavia anche un importante risvolto culturale, con la predisposizione della “Mostra Augustea della Romanità” (Roma, Palazzo delle Esposizione, 23.09. 1937/23.09.1938), i cui materiali (soprattutto riproduzioni e plastici, tra cui l’enorme plastico di Roma ai tempi di Costantino) contribuirono poi ad originare il Museo della Civiltà Romana all’EUR, ancor oggi attivo e prezioso punto di documentazione.
Nel contesto odierno, il bimillenario della morte di Augusto, privato di ogni significato che non sia storico e di studio, può costituire la preziosa occasione per tornare a conoscere e studiare la politica monumentale, urbanistica ed edilizia di un grande Imperatore, nel momento di massima crescita della potenza romana, ormai avviata ad essere il soggetto unificante e dominante, per tutti gli spazi – in Europa, in Africa ed in Asia – che si affacciano sul Mediterraneo.
Pare pertanto interessante ricordare che le quattro Città – che hanno voluto congiuntamente dare vita a questo volume – hanno svolto (ed ancor oggi svolgono) un ruolo cruciale, nel sistema delle comunicazioni stradali romane, ormai destinate a coprire e congiungere non solo l’Italia, ma tutti i Paesi connessi a Roma.
È infatti noto come Roma fu – tra tutte le civiltà antiche – quella che, più di ogni altra, legò i suoi destini ad un capillare sistema di strade, giunto a svilupparsi per almeno 80.000 km (per avere un termine di confronto, la rete autostradale dell’Unione Europea oggi si sviluppa su circa 70.000 km).
Quattro città, pertanto, di diverse dimensioni e di storia diversa, ma accomunate da una caratteristica unificante: essere
punti nodali di questo eccezionale sistema di comunicazioni stradali, nei percorsi che univano Roma con l’Europa romana.
La cartina , tratta da un classico atlante storico tedesco1 , illustra posizione e significato delle quattro Città, che ancora oggi ospitano un Arco dedicato ad Augusto, e che congiuntamente hanno dato vita a questo volume: possiamo così ripercorrere i grandi itinerari che da Roma si spingevano verso Nord e verso Occidente, ritrovando ruolo e
significato delle quattro Città.
Partendo da Roma, la Via Flaminia attraversava gli Appennini ed arrivava prima a Fanum Fortunae (FANO), poi ad Ariminum (RIMINI), assicurando il primo e fondamentale collegamento tra Roma e la pianura padana. Da Ariminum partiva il lungo rettifilo della Via Emilia, che arrivava fino a Placentia (Piacenza). Dopo Placentia, il sistema viario romano sceglieva di restare a sud del Po e, tramite la Via Julia Augusta, giungeva a Dertona (Tortona).
Dertona era un altro punto nodale della rete romana: da questa città si poteva scendere a sudovest, verso la Liguria, raggiungendo la Provenza lungo la costa, oppure puntare verso nord-ovest, seguendo la Via Fulvia che, attraversando Hasta (Asti), giungeva ad Augusta Taurinorum (Torino).
Augusta Taurinorum fungeva – come oggi – da nodo di distribuzione stradale, alla base delle Alpi. In epoca classica (quella cui si riferisce la cartina) il percorso certamente più utilizzato era quello che entrava nelle terre che furono del Re Cozio e che, passando per Segusio (SUSA), attraversava le Alpi al Monginevro, per poi scendere a sud verso la Provenza, seguendo la Valle della Durantia (Durance).
Ed è proprio in Provenza che ritroviamo altri tre Archi, sorti in epoca prossima alla morte di Augusto, ma certamente accomunati agli archi d’Italia dalla comune volontà di celebrare il più importante percorso viario, che da Roma si dirigeva verso Gallia e Spagna: sono gli Archi di Carpentorate (ora Carpentras, sorto verso il 10 d.C.), di Glanum (ora Saint-Remy-de-Provence, circa 10-20 d.C.) e di Colonia Arausio (ora Orange, circa 20-26 d.C.; le datazioni sono di Pierre Gros).
Altrettanto importanti, soprattutto nella tarda antichità, erano i passaggi che, da Segusio, risalivano verso nord, utilizzando l’attuale Moncenisio.
Sempre da Augusta Taurinorum partiva un altro percorso transalpino che, attraversando Eporedia (Ivrea), giungeva ad Augusta Praetoria (AOSTA) e quindi ai valichi del Gran San Bernardo (diretto verso il confine del Reno) e del Piccolo San Bernardo (che privilegiava il collegamento con il cuore della Gallia).
In queste città – preziosi punti nodali del sistema stradale romano – ancor oggi ritroviamo, con posizioni e tipologie diverse, maestosi Archi, che testimoniano lo stretto legame che, nella mentalità romana e nella volontà politica di Augusto, intercorreva tra i grandi tracciati stradali e gli Archi, monumento celebrativo che fu proprio e caratterizzante della civiltà romana.
Sorge pertanto spontaneo il desiderio di approfondire il “significato dell’Arco” nel mondo romano: in questo percorso conoscitivo, un punto fermo è rappresentato dal classico testo del Prof. Sandro De Maria “Gli Archi Onorari di Roma e dell’Italia romana” (Edizioni “L’Erma” di Bretschneider, Roma, 1988). È invece accessibile su Internet il sito della Rivista “Engramma” (www.engramma.it) che ha dedicato diversi articoli ed un numero monografico (n° 66, settembre/ottobre 2008) al tema degli archi onorari e trionfali nel mondo romano. Ambedue le fonti riportano utili repertori di tutti gli Archi (sopravvissuti o noti attraverso varie fonti) che arricchivano le città dell’Impero: l’elenco di “Engramma” contiene la citazione di 429 Archi, un numero elevatissimo che testimonia la popolarità di questo monumento nel mondo romano
Con l’aiuto di queste importanti fonti, è possibile analizzare a fondo nascita ed evoluzione della “tipologia dell’Arco”, dalle prime esperienze ellenistiche al suo affermarsi, all’epoca di Augusto: ed è proprio sotto Augusto che il termine Arcus (sopravvissuto intatto nell’italiano “Arco”) prende il sopravvento sul precedente termine Fornix (che ancora sopravvive nell’italiano “Fornice”).
Augusto si configura pertanto come sapiente utilizzatore ed attento diffusore dell’Arco, un tipo di monumento che accompagnerà tutta la storia romana e che, ancor oggi, è strettamente collegato, nell’immaginario di ogni nazione, a momenti di forte celebrazione nazionale.
L’Arco aveva sicuramente un significato fortemente simbolico, indicando il “punto di passaggio” tra due realtà, fisiche e territoriali, tra di loro diverse; ed è proprio in questo significato che ritroviamo l’Arco dell’epoca augustea, utilizzato in due modi prevalenti: l’Arco come monumento isolato, volto ad indicare un punto speciale nel percorso stradale (“Arco suburbano”, “Arco stradale”) e l’ Arco come elemento inserito nelle mura della città, a segnare il passaggio tra campagna e città e ad indicare l’importanza della città stessa (“Arco urbico”). Non è forse un caso che i quattro Archi Augustei, giunti fino ad oggi e tema di questo volume, rappresentino equamente le due grandi famiglie tipologico dell’Arco romano: Susa ed Aosta sono infatti del tipo “suburbano, stradale”, mentre Rimini e Fano sono del tipo “urbico”.
L’augurio è pertanto che questo volume possa svolgere scopi molteplici: ricordare un grande momento della nostra storia antica, rendere ancora una volta omaggio alla figura storica di Augusto, al contempo fungere da stimolo alla conoscenza – culturale e turistica – di quattro città italiane, che hanno saputo non solo conservare, ma anche sapientemente valorizzare la loro preziosa eredità romana
Il Fregio e l’Iscrizione dell’Arco di Susa
L’Arco si nasconde Susa Continua a brillare