MASSO ALTARE CELTICO
BUOLDER CELTIC ALTER
Associazione il Ponte SUSA
Particolari del masso altare celtico
MASSO ALTARE CELTICO
Prudentemente possiamo considerarlo uno spazio destinato ai sacrifici: si tratta del grande masso situato alla base dei resti dell’acquedotto romano (375 d.C.) ed è un’interessante testimonianza della tradizione religiosa e rituale autoctona, non ancora indebolita dalla presenza romana.
Sul complesso litico vi sono incisioni rupestri suddivise in tre gruppi: il primo si trova in basso a destra ed è costituito da quattro coppelle di medie e piccole dimensioni, collegate da canaletti. Il secondo è formato da una sola del diametro di circa venti centimetri dal quale diparte un canaletto lungo circa mezzo metro. Il terzo gruppo è il più numeroso ed è costituito da dodici coppelle.
Su quelle del masso di Susa sono state formulate numerose ipotesi: dall’identificazione di raffigurazioni delle costellazioni celesti alle “forme di fusione”; tra tutte, l’idea che ha trovato maggiore eco nell’immaginazione è quella dell’altare per sacrifici.
Indubbiamente, la collocazione del grande masso, nei pressi dell’Arco di Augusto e in corrispondenza dell’antica Via delle Gallie, ha contribuito a enfatizzare il valore storico di questo sito. Il cosiddetto “altare dei Celti”, con le sue coppelle, canaletti e vaschette perfettamente levigate, frutto di un’esecuzione effettuata con strumenti metallici, risulta un’opera complessa, problematizzata dall’estrema vicinanza alle vestigia romane.
Confermano il ruolo non secondario di questo sito alcuni scalini realizzati nella viva pietra per favorire l’accesso sulla superficie più elevata del masso. Anche l’aggiunta di questi elementi strutturali, unitamente al pozzo d’età celtica scavato nella medesima roccia, ha contribuito a sorreggere l’ipotesi dell’altare sacrificale.
Si tratta comunque di un’interpretazione da prendere con le dovute cautele: già nel 1949, quando F. Capello descrisse le incisioni rupestri di Susa glissò sulla questione. Sembrerebbe comunque non errato considerare il “pozzo” come parte integrante del complesso litico, ma sul suo uso vi sono solo ipotesi.
Questo sito pare sia stato per lungo tempo un punto particolarmente importante in cui, in epoca precristiana, si svolgevano incontri e pratiche rituali.
Le poche fonti disponibili ci raccontano che l’area fu trasformata, già in epoca cristiana, in sede di riunioni da parte di una certa Petronilla che “era solita sedersi ogni giorno, al tepore del sole, sopra una larga pietra (amplis- simam petram) che si trovava nei pressi della città.
Attorno alla vecchietta si radunavano gli uomini e le donne di Susa e le chiedevano di raccontare le storie antiche di quel luogo […] Quelli che la conobbero dicevano che la donna era vissuta quasi duecento anni” (Chronicon Novali- ciense, II, 13).
Particolari del masso altare celtico
BUOLDER CELTIC ALTER
There is a large boulder at the base of the ruins of the Roman aqueduct (375 B.C.), which we can prudently consider as a space destined for sacrifices.
It is an interesting testimonial of the religious tradition and local ritual, not yet weakened by the Roman presence. The stone structure bears carvings, which are divided into three groups. The first is at the bottom on the right and is comprised of four small and medium sized basins, connected by a canal.
The second is formed of a single basin, about twenty centimeters in size, from which a half meter long canal departs. The third group is the most numerous, having twelve basins.
There are several hypotheses regarding the basins of the Susa boulder, from groups of astronomical constellations to “fusion forms”. The most popular idea is that it is an altar for sacrifices.
Undoubtedly, the big boulder’s position near the Arch of Augustus and the ancient Via delle Gallie (Gaul’s Road), contributed to increasing the historical value of this site.
The so-called “altar of the Celts”, with its basins, canals and perfectly carved sinks (made with metal tools), is a complex work, made problematic by its proximity to the ancient Roman ruins.
The importance of the boulder’s role is confirmed by the presence of several stone steps to facilitate access to the boulder’s higher levels.
The addition of these structural elements, in combination with the well dating from Celtic times carved from the same rock, has contributed to the idea that the boulder is a sacrificial altar. In any case, it requires cautious interpretation. F. Capello glossed over it in 1949 when describing the stone carvings at Susa.
However, it appears that it would not be erroneous to consider the “well” as an integral part of this group of artifacts, although one can only guess as to its use. This site appears to have been a particularly important place for encounters and ritual practices for a long time during a pre-Christian era.
The few available sources tell us that a certain Petronilla had already transformed the area into a meeting place during Christian times. It is said that she had the habit of “sitting each day, in the warm sun, on a large stone (amplissimam petram) near the city.
The men and women of Susa gathered around her and asked her to tell old stories about that place […]. Those who knew her said that the woman had lived almost two hundred years” (Chronicon Novaliciense, II, 13).
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