Il manifesto per le “Feste inaugurali” della Ferrovia di Susa è noto, ma non è inutile soffermarsi su alcuni suoi contenuti, che possono apparire addirittura strani al lettore di oggi.
In primo luogo, colpisce il sincero entusiasmo che traspare dalle parole del Sindaco di Susa, il Medico Francesco Cler: la tecnologia era allora vissuta come un potente mezzo per liberare l’umanità dalle catene del passato e dalla reazione oscurantista, conducendola sulla luminosa strada del progresso.
In secondo luogo, si nota come tutto il manifesto – siamo nel 1854, cinque anni prima della 2° Guerra d’Indipendenza – grondi di accesi spiriti risorgimentali: colpisce soprattutto il duplice riferimento, colmo di gratitudine, al Re Vittorio ed alle libere istituzioni sotto le quali, grazie alla rara costanza del Migliore dei Re, abbiamo l’invidiata sorte di governarci.
Al terzo punto, non sfugge una latente polemica anticlericale che si legge nel non velato riferimento ai fautori delle barbarie e dell’ignoranza i quali, colpiti dalla nuova opera, se ne restano mogi o crucciosi.
Infine, brillano sullo sfondo della gioiosa manifestazione alcuni vividi spaccati della realtà segusina di metà Ottocento: da un lato la vena poetica di Norberto Rosa, gloria poetica locale ed autore delle parole del canto popolare VIVA IL RE!, dall’altro le non di certo floride condizioni della popolazione, che presumiamo lieta sia della distribuzione di carne e pane ai poveri, sia del divertente, ma concreto, spettacolo dell’Albero della Cuccagna, che immaginiamo ornato da una corona di specialità alimentari.
Le due stazioni capolinea: Torino …
A Torino la prima stazione ferroviaria, denominata Imbarcadero di Genova, venne realizzata su progetto dell’ing. Pietro Spurgazzi nel 1848, in concomitanza con l’apertura al traffico della tratta Torino-Moncalieri della costruenda linea per il capoluogo ligure. Era una struttura provvisoria in legno in cui trovavano posto la biglietteria, le sale d’aspetto e l’alloggio del guardiano. Ma già l’anno successivo fu avviata la costruzione del cosiddetto Imbarcadero di Porta Nuova, un edificio in muratura ad un solo piano, di forma rettangolare piuttosto allungata, senza pretese architettoniche, che rimase in funzione fino al 1866.
… e Susa
La stazione di Susa – scrive nel 1872 C.F. Lazzarini sulla sua guida corografica-storica – è un assai vasto fabbricato, con ampie sale, buone tettoie per le merci, ed ha pure un comodissimo caffè e ristoratore (…).
La struttura venne edificata dalla stessa società costruttrice della ferrovia, su progetto dell’architetto Robert Barlow Gardiner che operava alle sue dipendenze. Il materiale occorrente fu recuperato dalle rovine del forte della Brunetta, dalla demolizione dell’arco eretto in occasione dell’ingresso del primo vescovo di Susa e dalle cave di Foresto.
L’uso strategico della ferrovia Torino-Susa per il trasporto delle truppe francesi durante la II Guerra d’Indipendenza
Dopo che il 28 luglio 1858 a Plombiéres furono gettate le basi per un’alleanza franco-piemontese contro l’Austria, l’impegno di Cavour fu uno solo, quello di indurre la potenza avversaria a dichiarare guerra al Piemonte. A tal scopo egli cominciò a mobilitare l’esercito, a ordinare spostamenti di truppe e ad iniziare lavori di fortificazione. Alla fine l’Austria, stanca delle continue provocazioni mandò a Torino un ultimatum, intimando al Piemonte di disarmare entro tre giorni sotto pena di una immediata invasione. L’ultimatum fu respinto e la guerra divenne inevitabile. Era il 23 aprile 1859.
Rispettando gli accordi sottoscritti, Napoleone III diede ordine alla prima colonna francese di valicare le Alpi e portare l’aiuto promesso all’alleato. In tre mesi, transitando in parte dal Monginevro e in parte dal Moncenisio, 230.000 uomini e 36.000 cavalli giunsero a Susa da dove in treno raggiunsero i campi di battaglia.
Il primo scontro dei Franco-Piemontesi con gli Austriaci avvenne il 20 maggio a Montebello; quello decisivo, che costrinse gli avversari a sgombrare la Lombardia e a ritirarsi nelle fortezze del Quadrilatero, il 4 giugno a Magenta L’8 giugno Vittorio Emanuele e Napoleone entrarono trionfalmente in Milano.
Gli Austriaci, riordinate e rafforzate le loro truppe, al comando dello stesso imperatore Francesco Giuseppe, tentarono di riprendersi la città. Ma l’offensiva fu spezzata il 24 giugno sui colli di Solferino (vittoria francese) e S. Martino (vittoria piemontese).
Data la favorevolissima situazione militare degli alleati, sembrava ormai che fosse suonata l’ultima ora per il dominio austriaco in Italia allorché giunse la notizia che Napoleone III aveva firmato l’11 luglio a Villafranca un armistizio con l’Austria, che comportava l’immediata cessazione delle ostilità.
Cavour, tenuto completamente all’oscuro di tutto, colto di sorpresa, dopo un tempestoso colloquio con Vittorio Emanuele il 13 luglio di dimise, accusando l’imperatore dei francesi di aver tradito i patti convenuti.
Esaurito il suo compito l’armata francese ricevette l’ordine di rientrare in patria. Fu ancora a mezzo della ferrovia che raggiunse Susa da dove, percorrendo in senso inverso il cammino dell’andata, i vari contingenti tornarono alla loro base.
La strada ferrata Torino-Susa primo tronco della linea della Savoia