Susa restò per sette mesi sotto il regime repubblicano. Sconfitti a Cassano d’Adda, il 27 aprile, i francesi ripiegarono. Gli austro‑russi del Melas e del Souvarow entrarono in Milano. I contadini insorsero contro i francesi in favore del re in esilio. Nella valle non si registrò alcun fenomeno insurrezionale.
Furono bloccati i valichi alpini. Il 15 maggio un emigrato del dipartimento del Monte Bianco, Jaillet, occupò il Moncenisio con una banda di 800 uomini raccolti sul versante francese. Contro di lui mosse un’intera brigata guidata dal generale Herbin che però fu costretto a ripiegare. In seguito, gli uomini dello Jaillet furono raggiunti dagli insorti della valle d’Aosta (“i soques”) e da un battaglione della guardia nazionale che aveva disertato: tutti portavano la coccarda azzurra e dichiararono di combattere per il re di Francia.
Gli austro‑russi entrarono in Torino il 26 maggio. Rivoli era occupata già dal giorno precedente. La strada della valle era bloccata. Il governo provvisorio si rifugiò nella valle del Chisone dove l’ultima difesa fu affidata ai valdesi, ma nelle valli laterali della Dora e del Pellice la difesa non fu salda e cedette il 2 giugno: i francesi si rifugiarono oltre Oulx, benchè gli abitanti della cittadina, unitamente a quelli di Salbertrand e di Cesana, si dichiarassero risoluti a difendere le proprie case.
Alla fine di maggio Susa fu occupata da un’avanguardia di cosacchi seguiti delle truppe austro‑russe. Il 29 maggio alle ore 17,30 fu stilato il verbale di evacuazione delle truppe francesi e di atterramento dell’albero della libertà:
Congregatasi l’amministrazione nelle persone degli infrascritti signori amministratori provvisionali della medesima. Ad ognuno sia manifesto che le truppe francesi abbiano nella scorsa notte evacuato intieramente questa piazza e oggi nell’ora suddetta sia giunto in questa piazza e in questa città un distaccamento di cavalleria austriaca, di un ufficiale e 20 cavalieri, il qual distaccamento, dopo aver fatto il giro della città, giunto sulla piazza di S. Carlo, abbia sul campo fatto atterrare l’albero della libertà, che ivi trovavasi eretto, quindi, fattosi aprire il palazzo dove abitava il comandante francese, abbia levato dal balcone la bandiera che ivi pendeva a tricolore e questa lacerata.
I segusini, che consideravano quegli alleati poco migliori dei francesi, di cui almeno comprendevano la lingua, erano tra due fuochi. Dal Monginevro o dal Moncenisio le truppe francesi continuarono a compiere azioni offensive per fiaccare la pressione dell’avversario. Ne dà testimonianza una lettera inviata alla città di Susa il 14 giugno 1799:
Si presero le opportune misure per spedire costì un corpo di truppa, il quale arriverà quanto prima a codesta destinazione. N on sapendo quale potesse essere la quantità dei francesi che si sono presentati al Montecinisio, non si è per ora destinato che quel tanto che può essere atto a tranquillizzare codesti bravi cittadini e occorrendo altre volte un simile bisogno, si dovrà concertarsi col comandante militare a procurarsi inoltre tutti i possibili schiarimenti.
Intanto si cercò di riorganizzare l’amministrazione della città. Il 2 giugno venne reso noto un manifesto del comandante Souvarow, generale in capo dell’armata austro‑russa, in cui invitava i cittadini di Susa a prendere parte “ai felici successi della vittoriosa armata che viene a ristabilire il vostro Re”.
Il 7 giugno venne ricostituita la municipalità. Il generale Souvarow ordinò:
Di richiamare il sistema di governo così civile, politico, come economico quale trovavasi in pratica alla data degli 8 dicembre 1798 e così pure tutti li magistrati e regie segreterie che in dipendenza di detto provvedimento, essendoci noi recati in questa città, abbiamo nel giorno di ieri, ricevuto una lettera dall’ufficiale giudice delle regie finanze con la quale veniamo incaricati di richiamare l’economica amministrazione di questa città e delle comunità di questa provincia al sistema suddetto, già prima stabilito da S.M.
Vennero nominati nuovamente sindaco: Amprimo Maurizio; consiglieri: Blanchione Claudio; Balma, notaio Gaspare Ludovico; Rana Pier Paolo; Nemo Michele; Bonifacio Giachino; Ponsant Giuseppe e segretario il notaio Matteo Raymondo che erano già in carica fino all’ 8 dicembre 1798.
Vennero emessi i primi ordini: 6 giugno 1799 un manifesto del marchese di Thaon con cui si ingiunse ad ogni persona che avesse carte topografiche e piani di fortificazione, di presentarle subito alla segreteria del governo di Torino, sotto pena di essere arrestati qualora non lo si facesse.
Il 20 giugno fu emesso un proclama dal barone Melas, con cui si notificava che:
Chiunque sarà trovato in qualunque modo reo di delitti di corrispondenza con corpi o piazze tuttora in potere de’ sedicenti repubblicani francesi o loro aderenti, sarà militarmente giudicato e condannato a morte.
In un altro si rendeva noto che chiunque avesse commesso degli attentati o violenze contro qualcuno, sarebbe stato arrestato, come pure i colpevoli di saccheggi.
Giungevano intanto richieste di rifornimenti e di viveri da parte della capitale. L’amministrazione pubblica di T orino si lamentava: “Le casse sono vuote, mancano i fondi di ogni genere”, e si trovava perciò nell’assoluta impossibilità di pagare le derrate che le venivano inviate, promettendo che la comunità sarebbe stata risarcita non appena possibile.
In occasione dell’arrivo degli austro‑russi a Susa il vescovo della città, Monsignor Giuseppe Francesco Ferraris, nella lettera pastorale, inviata ai suoi diocesani, inneggiò all’arrivo delle truppe liberatrici che avevano invaso il Piemonte scacciandone i francesi. Ben diverso è il tenore di questa pastorale rispetto alla precedente del 1798 in cui anzichè “Illustrissimo e reverendissimo” il vescovo si firmava semplicemente come “cittadino” nell’annunciare una nuova riduzione del numero di giorni festivi ad opera del governo francese. In questa lettera si può leggere tra riga e riga la sua amarezza per la mutata situazione politica. Il governo rivoluzionario francese non poteva certo godere delle sue simpatie essendo egli tanto legato alla monarchia sabauda e all’ancien régime. Intanto con un dispaccio del 15 luglio 1799 il Comandante Pellegrini richiamò tutti gli uomini alle armi:
Quantunque sin dal principio dello scorso giugno, le circostanze dello stato esigessero che fossero richiamati all’armi tutti gli individui dei reggimenti provinciali, tuttavia, per riflesso al bisogno dell’agricoltura e dell’allora prossima raccolta delle messi, si è soltanto posta su piede una centuria; ora però che sono diminuiti tali motivi e le circostanze continuano a richiedere indispensabilmente questa misura per il buon ordine, il governo ha determinato che debbano adunarsi i reggimenti suddetti.
Perciò i soldati della presente città e territorio si dovranno ritrovare il 25 del corrente mese al loro quartiere, fissato in Torino, prevenendoli che godranno della stessa paga e vantaggi di cui godevano le truppe d’ordinanza all’epoca degli 8 dicembre dello scorso anno.
Quindi si tentava di riportare la situazione al periodo precedente all’arrivo dei francesi. Il comportamento degli austro-russi nei confronti della popolazione non era certo migliore di quello dei francesi, anzi forse quelli furono i mesi peggiori che dovettero affrontare gli abitanti di Susa. Infatti dopo due mesi di relativa tranquillità, i francesi l’8 e il 10 agosto fecero due tentativi per occupare la città.
Il 15 la conquistarono con tutta la provincia, ma qualche giorno dopo, furono nuovamente respinti fino al Moncenisio e al Monginevro.11 Susa era sul chi vive, il 10 agosto il comandante della città, Carlo Pellegrini, vietò a tutti di andare a caccia, di comparire in pubblico, sia in campagna che in città, armati di fucile sotto pena di essere arrestati. Questo perché ogni sparo metteva in allarme la truppa che doveva accorrere per controllare che non si trattasse di un nuovo attacco nemico.
Susa, difesa prima dagli austro‑russi, poi dagli austro‑sardi, fu alternativamente occupata dai nemici e dagli amici, ma spesso era difficile dire quali lo fossero veramente.
I segusini, a causa di questa continua lotta, dovettero sopportare rapine, saccheggi di abitazioni, furono anche deportati, percossi, feriti e messi a morte. Anche nell’esercito si registrarono parecchie perdite tanto che il comandante della città, cavalier Pellegrini, il 7 settembre 1799 richiese l’invio di altri soldati per il reggimento provinciale di Susa, in sostituzione di quelli morti. Chiese nello stesso tempo di non addurre le solite scuse di malattie e indisposizioni, ma di mandare uomini efficienti e di statura sufficiente.12
Le spese sostenute dalla cittadinanza per provvede re alla necessità degli austro-russi erano ingenti, come si vede da una lettere inviata il 4 luglio 1799 dall’intendente di Susa, Renato Gros, al conte Carutti, reggente la Segreteria di Stato e gli Affari interni:
Questa città trovasi assaissimo gravata dalle eccessive spese alle quali deve soccombere per le truppe austro-russe. Oltre tutto le somministranze di viveri e del foraggio di cui si servono a loro discrezio-ne nel magazzino, senza aspettare che siano fatte e pesate le razioni; questa città deve pure mante-nere gratis la ta vola del signor generale e degli ufficiali.
Pretendono anche liquori e caffè ed in 20 giorni hanno fatto un debito di l. 172 presso il caffettiere. Alcuni ufficiali di fanteria austriaca, giunti ieri in questa città, sonsi fatti alimentare dal particolare alloggiante, chiedendo ora che la città provveda loro una pensione a modico prezzo e avendola essa trovata per 20 soldi a testa, chiedono un concorso della città nel pagamento.
Questa città sprovvista di fondi, sia in natura, sia in denari, fa tutto il possibile, ma viene troppo molestata.
La città perciò, oltre ad essere provata dalla con tinua guerra, doveva subire anche le angherie e le sopraffazioni dei liberatori.
Il 5 settembre fu occupata dal generale Muller, il giorno 8 novembre fu liberata dagli austriaci e dai piemontesi del Melas. I francesi ripiegarono su Briançon. Gli austriaci erano guardati con diffidenza: si sapeva che non avevano eccessiva fretta di richiamare i Savoia dall’esilio.
Susa restò per sette mesi relativamente tranquilla: la guerra sì era spostata nuovamente sulle montagne. Le vessazioni subite dalla città vennero riconosciute da parte del governo per il tramite di questa lettera del 21 dicembre 1799 inviata dal prefetto Arrigo:
Le disgustose vicende della guerra, esigono che io debba essere a parte delle gravissime sciagure, dalle quali purtroppo codesta città fu flagellata. La consolazione che provo è quella di vedere cittadini e popolazione, della quale già tempo fa ebbi a sperimentare la docilità, votati all’ordine e alla disciplina.
Il Monginevro venne occupato dai francesi ed il comando piemontese preparò un piano d’attacco per impadronirsene. La truppa destinata all’impresa venne trasferita a Susa a piccoli scaglioni per non insospettire le spie francesi. Il comando dei 1200 uomini che parteciparono all’azione fu affidato al feld maresciallo Mesko, coadiuvato dal capitano di stato maggiore piemontese Costa, che era pratico della zona. tra gli altri era presente il capitano neipperg, che divenne poi marito morganatico di Maria luisa d’Austria, seconda moglie di napoleone e che la sciò una minuta relazione dell’impresa.
le forze francesi erano scarse: all’Ospizio c’erano un centinaio di uomini, una cinquantina alla Gran Croce, trenta al Piccolo Moncenisio ed una quarantina sparsi in altre ridotte minori. la marcia dei piemontesi fu lenta e faticosa; al Piccolo Moncenisio trascorsero la notte a bivacco. Alle prime luci dell’alba dell’8 aprile gli attaccanti si divisero in due colonne, di cui una, occupato il colle del Piccolo Moncenisio, puntò verso il lago e si scontrò con una pattuglia francese che ripiegò senza aver dato l’allarme.
La seconda colonna, comandata dal generale Mesko, raggiunse la Gran Croce e si impossessò, vinta una breve resistenza, di 10 pezzi di artiglieria e di un buon numero di munizioni. nel frattempo cade va anche l’Ospizio e il presidio francese fu fatto prigioniero.16
nella primavera del 1800 austro-piemontesi e francesi si fronteggiarono nell’alta valle. le linee repubblicane si estendevano fino a Oulx, mentre gli alleati erano attestati ad Exilles. La linea difensiva più solida andava dall’Arnodera alla borgata Morelli e dalla Losiera fino alla riva della Dora. Sopra la Bastia si elevava una fortificazione, ideata dal tenente nicola Morello sfruttando le asprezze del terreno, la ridotta Losa, che tutti chiamavano “il forte”. A difesa delle trincee di Gravere c’era il reggimento provinciale d’Ivrea, alcune compagnie di cacciatori piemontesi, un reparto ungherese ed uno croato, oltre ad un reggimento del Brabante, che dava scarso affidamento.
Si formò anche la milizia paesana: 350 uomini, con 5 pezzi d’artiglieria, agli ordini di Giuseppe Giachetto. Davanti alla chiesa di Gravere furono piazzati due pezzi. nel forte, comandato dal capitano della milizia Andrea Prunotto, si trovano soltanto 70 uomini, con 4 cannoni da campagna.
Si pensò di trasferire il generale Mesko ad un altro comando. La cittadinanza di Susa il 1° marzo 1800 fece ricorso:
Per ottenere che il barone Mesko, maggiore del reggimento ussari, comandante degli avamposti dell’armata nella provincia di Susa, non sia destinato ad un altro comando essendosi egli sempre occupato di assicurare benefici alla città, di difenderla dai nemici; e per la disciplina delle sue truppe, per il buon ordine stabilito, essendo gradito dai cittadini.
I francesi attaccarono Exilles l’11 aprile, di sor presa; il ponte sul Galambra fu conquistato.
Gli austriaci cercarono di organizzare la difesa del paese ma, persa una quarantina di uomini, ripiegarono su Chiomonte. Qui si riordinarono e mossero al contrattacco riprendendo Pont Rompù, ma investiti dai francesi, furono costretti a ritirarsi sulle basi di partenza. Exilles venne riconquistata il 16 aprile. Un tentativo del generale Mesko di conquistare Fenils, fu stroncato da un’imboscata e solamente ad Exilles gli imperiali riuscirono a riorganizzare le proprie file.
Continuò la guerriglia poi, il 22 maggio, ci fu l’attacco decisivo da parte dei francesi. Fin dal 15 il generale Launes con la sua avanguardia aveva supera to il Gran San Bernardo e i francesi stavano per giungere in pianura: era necessario che gli avversari fossero impegnati anche sul nostro fronte. Fu inca ricato dell’operazione il generale thureau con 2000 uomini.
All’alba del 22 i francesi, passando attraverso i boschi ed aggirando le posizioni austriache, attaccarono Gravere. Lo scontro fu cruento: fin dal mattino cominciarono e giungere e Susa i primi feriti, trasportati su rozze barelle e su scale di legno. Mol ti segusini, fra cui numerose donne, accorsero agli ospedali militari per prestare la propria opera.
A Gravere ci fu una resistenza accanita, ma i piemontesi avevano scarsi pezzi di artiglieria e la difesa perciò era più difficile anche perché i francesi avevano a disposizione parecchie truppe fresche. Cadde Giuseppe Giachetto e più della metà dei suoi uomini.
Alla losiera 30 militi bloccarono un battaglionene amico e solamente l’intervento di 100 granatieri riuscì a sbloccare la situazione.
I due cannoni che erano posti davanti alla chiesa di Gravere, usati da una dozzina di uomini, sparavano a distanza ravvicinata mietendo molte vittime fra gli avversari.
Infine i francesi riuscirono ad uccidere tutti gli artiglieri che li usavano.
L’unica resistenza fu concentrata al forte della Bastia, dove i francesi furono più volte costretti e retrocedere. Tra i difensori si distinse il soldato Giovanni Richetti che, unitamente ad un compagno, si appostò presso la strada che portava al forte e, preparata una rudimentale mina, uccise una trentina di francesi che stavano arrivando. I francesi presero a cannoneggiare il forte provocando gravi danni e riuscendo ad aprirsi una breccia, ma furono ancora una volta respinti dai 40 uomini che erano rimasti a presidiarlo. Gli artiglieri piemontesi, consapevoli or mai di non poter più resistere a lungo, smontarono i pezzi e li gettarono dal roccione del forte per impedire che cadessero in mano nemica. Il generale thureau lanciò un ultimo attacco. Ormai gli uomini rimasti erano solamente una ventina. Cadde il Richetti; riuscì a salvarsi solamente il capitano Prunotto, benchè ferito, con cinque uomini.
la descrizione della conquista di Susa ci viene fatta dal Ponsero nell’opera del Bonino:
Battute erano le sei alla torre della città, quando un tremendo clamore di “vive la Republique”, si fece sentire ai trepidanti cittadini, in quell’istante delusi da ogni speranza di salvamento. La città e i borghi del lato destro della Dora Riparia furono sul fatto in potere del nemico, rimanendogli però impedito il passo alla parte sinistra da una trincea alza ta sul ponte di quel fiume (ponte di S. Rocco). Da qualche ora sostenevano l’impeto di due colonne, una discesa da Giaglione, l’altra dal Moncenisio, gli austriaci trincerati nel luogo stesso in cui quattro anni prima sedeva la rupea Brunetta; ma la 26° mezza brigata, dopo un vivo fuoco, avendo superato la trincea del ponte, sbocca sulla strada di torino e prende alle spalle i difensori della Brunetta, costretti a capitolare alla sera verso le 10. la 15° brigata di linea occupa sino alla dimane le ru pi di San lazzaro e San Martino, di Pugino e di Meana.
Susa era nuovamente francese. Il Borgo dei nobili fu saccheggiato mentre ancor infuriava la battaglia, stessa sorte toccò, in parte, al Borgo dei Cappuccini e alle abitazioni sparse nella campagna. I soldati non infierirono però sui cittadini. Il comandante della piazza, Pellegrini, il 29 maggio inviò questa lettera da Avigliana al barone Calmo:
Mi fo dovere di illustrare che la città di Susa é ognora in potere dell’inimico il qua le in oggi ha la massima parte delle sue forze in Bussolino e la guardia avanzata a S. Giorio lungo la rotta e al di là della Dora a Berzuolo. Il nostro quartier generale è sempre costì, le truppe trovansi a S. Ambrogio e S. Miche le, la guardia avanzata a Sant’Antonino, da do ve si inviano pattuglie alla Giaconera.
Quindi non tutte le speranze erano perdute, ma la vitto ria di Marengo assicurò ai francesi il dominio del Piemonte.